Gli strumenti per evitare un social epic fail e perdere clienti
Basta un Buondì per scatenare i social e portare le persone a chiedersi se l'azienda produttrice ha avuto un’idea geniale o ha segnato un autogol, basta cioè un Buondì per rischiare di incorrere in un social epic fail. Succedeva all'incirca sotto Natale, nel 2017, quando una bella mamma diceva alla figlia “possa un asteroide colpirmi se esiste un merendina come la descrivi tu eccetera eccetera” e l'asteroide arrivava davvero. Il caso ha suscitato ire e simpatie, dividendo i commenti social a seconda delle sensibilità e facendo discutere gli esperti di marketing in merito al fatto che l'ironia andava a colpire esattamente i target di riferimento dell'azienda, in quanto, da un lato, sono proprio le mamme a fare la spesa e, dall'altro, ai bambini non piace vedere sotterrata da un macigno la propria mamma.
Eppure, “nel bene o nel male, purché se ne parli” è il detto che, parafrasando una frase di Oscar Wilde ne Il Ritratto di Dorian Gray, è sempre stato accostato al concetto di pubblicità... Questo esempio (e se ne possono fare tanti altri ancora) indica però che sul Web le persone sono inclini ad arrabbiarsi più facilmente e mediante i social esprimono le loro emozioni avendo un pubblico potenzialmente infinito...
Strategia social, come fare?
Implementare una strategia social significa, innanzitutto, selezionare i contenuti giusti da veicolare. È importante premettere, in generale, che non conviene mai essere troppo autoreferenziali nelle comunicazioni. Per esempio, nel caso di rapporti B2B è utile fornire dettaglio tecnico e informazioni, mentre sul fronte B2C, si può essere meno formali, ma comunque serve condividere idee rimandando ad approfondimenti nei blog aziendali.
Bisogna, in secondo luogo, saper scegliere il canale social su cui lavorare, per esempio, in base ai mercati target di riferimento: è diverso se si vuole lavorare in Italia (dove Facebook prima di tutto e poi sempre più Instagram e Twitter sono protagonisti) oppure sui mercati esteri. Basti pensare a WeChat e Line indispensabili se ci si vuole affacciare sui mercati cinese e giapponese oppure a Viber importante per i Paesi arabi e russi.
In pratica, si deve essere certi di comunicare là dove si ha il proprio pubblico.
È poi imprescindibile avere cura dei propri profili (ricordando che è difficilissimo cancellare tracce del proprio passaggio in Rete) per costruire una solida brand reputation.
Sono del resto essenziali gli strumenti per monitorare i social, per capire dove e come si parla del proprio brand e intervenire con un vero e proprio piano anti crisi quando necessario, perché anche l'errore deve essere gestito.
Nell'esempio dell'asteroide, l'azienda ha provato (con successo) a sfruttare a suo favore lo scalpore suscitato chiedendo su Facebook che cosa si preferiva scagliare sulla mamma. Ha cioè realizzato un bot che crea una immagine gif in cui l'oggetto proposto dall'utente sostituisce il corpo celeste e travolge la mamma: questo ha coinvolto tantissimi fan sollecitati a scatenare la loro fantasia... La libertà sui social quindi non deve essere considerata una minaccia, ma può essere un'opportunità.
Misurare l’efficacia della propria comunicazione
Compito dell'azienda è poi quello di misurare l'efficacia delle proprie azioni.
I social più diffusi consentono di estrarre tantissime informazioni sugli utenti, ma non è abbastanza. Fondamentale è avere report sulle attività di fan e seguaci di varia natura in modo da poter avere una vista costante sul loro coinvolgimento. Esistono strumenti che consentono di tracciare hashtag, menzioni, volumi di traffico, di capire il successo o meno di un singolo post come di una campagna per verificarne il Roi, di individuare gli influencer chiave cui fare riferimento eccetera.
Un esempio a questo proposito è rappresentato da Chorally capace di compiere analisi del sentiment, fare monitoraggio real time della brand reputation, aiutare a capire le reazioni degli utenti e che consente di fare social engagement. Uno tool particolarmente utile anche per capire se la campagna (ed è, per esempio, il caso del Buondì) si è rivelata davvero un epic fail o un epic win per i target a cui ci si voleva rivolgere.
Tutta questa attenzione deve infine essere prestata ricordando che i punti di contatto con il cliente sono integrati tra loro. E questo si comprende meglio tornando a fare un esempio. I cartelloni affissi nelle nostre città su cui campeggiava la scritta: “Un ferro da stiro, un pigiama, un grembiule, un bracciale Pandora, secondo te cosa le farebbe più piacere” da fenomeno di comunicazione tradizionale si son trasformati in oggetto di messaggio virale sui social, con tutte le reazioni del caso. La comunicazione a 360° deve quindi essere messa al riparo da rischi di epic fail sui social.